Trieste e Timisoara, due città di confine. due città multiculturali, multietniche, multireligiose. Due città che una grande imperatrice ha fatto diventare due grandi città. Due città mitteleuropee nella storia, nella cultura e nella architettura. Diversi i momenti che hanno condiviso periodi storici ed anche uomini che si sono intrecciati in una grande e piccola storia comune.
IL PERIODO DELL’IMPERO ROMANO
Al tempo di Roma imperiale, Traiano, nell’affrontare la prima guerra dacica, organizzò un potente esercito di 150.000 uomini, formato da numerose legioni. Anche se il grosso delle forze partì da un porto italiano, probabilmente Brindisi, ma alcuni dicono Ancona ed altri addirittura Trieste, altre legioni arrivarono attraverso percorsi alternativi per ricongiungersi con Traiano a Tibiscum (attuale Jupa a sud di Tmisoara sul fiume Timis) che aveva colà stabilito la sua sede per preparare tutte le manovre di guerra contro i Daci. Tra le più importanti legioni che si stanziarono in Dacia ci sono la Legio XIII Gemina ed la Adiutrix. Queste arrivarono rispettivamente dal Noricum e dalla Pannonia poichè erano quelle più avanzate nel settore centro-orientale europeo avendo posto la prima la sede a Vindobona (ora Vienna, Austria) e la seconda a Brigetio (ora Komarom, Ungheria) con alle spalle una rete di collegamenti stradali con il grande centro commerciale e militare di Aquileia e la colonia di Trieste, che nel II secolo d.C. era diventata una grande città, per i tempi di Roma, strutturalmente legata ad Aquileia.
Anche se mancano delle testimonianze documentali, Strabone, all’inizio del I secolo della nostra era, descriveva come la zona alle spalle di Trieste fosse l’itinerario più usato per la penetrazione romana verso l’Europa orientale sia dal punto di vista commerciale che militare e pertanto un sicuro collegamento di persone, cose e strategie tra la zona in cui Tergestum era sempre più importante e la zona del Banato che, grazie alla permanenza di Traiano, acquisì un maggiore ruolo nella regione orientale.
Geografia di Strabone, Libri XVII, vol. 3 – volgarizzati da Francesco Ambrosoli – Milano 1833. pagg. 213/214
La città di Segesta (sulla Sava) è dei Pannonii, posta sul confluente di parecchi fiumi, tutti navigabili, ed è opportuna per valersene per fare guerra ai Daci…..omissis……Così parimenti da Tergeste, borgo della Carnia, avvii per l’Ocra (passo Preval) un passaggio al lago detto Lugeo (Zirkniz, Slovenia), vicino a Nauporto (Vrhika, Slovenia) è il fiume Carcona che riceve sopra di se le merci già dette, poi va mettere foce nella Drava. la quale a sua volta entra nel Noaro vicino a Segesta. Quivi il Noaro diventa navigabile e dopo aver ricevuto in se il Colapi (Kulpa, Croazia), che scorre dal monte Albi a traverso dei Iapidi, gettasi nel Danubio nel territorio degli Scordisci: da Tergeste poi al Danubio avvi una strada di circa milleduecento stadii (222 km.).
Da citare la Pubblicazione del canonico Pietro Stancovich “Trieste non fu villaggio carnico ma luogo dell’Istria fortezza e colonia de’ cittadini romani. Venezia , Picotti, 1830”.
In questa pubblicazione lo Stancovich, con una serie di considerazioni, vuole dimostrare che la Tergeste citata da Strabone non può essere la Tergestum romana che diverrà Trieste, soprattutto poiché non può essere villaggio dei Carni essendo lontana ed estranea a quelle popolazioni e la sua struttura di castrum militare non conferisce allo stesso le capacità di avere un ruolo nei transiti commerciali.
Senza commentare il lavoro dello Stancovich, peraltro immediatamente contestato da diverse pubblicazioni, vorrei fare alcune considerazioni su queste due affermazioni.
Stancovich non poteva sapere nel 1830 che all’inizio del 1900 un professore liceale triestino, Karl Moser, appassionato speleologo ed archeologo, avrebbe effettuato degli scavi nella località di San Servolo (Socerb), bloccando per due anni la costruzione della strada che aveva fatto scoprire alcuni reperti.
Il lavoro di Moser portò alla luce due necropoli sovrapposte una celtica/carnica e l’altra romana. Questo fatto attesta inequivocabilmente pertanto che nella zona del comprensorio triestino c’era stata sicuramente anche una presenza dei carni/celti in un continuum in tutta la Carnia considerata quale una regione dall’Adriatico ai monti, peraltro Tito Livio rafforza questa convinzione affermando che la stessa Aquileia è stata fondata in una zona abitata dai Carni.
Se già nei tempi di Strabone, inizio primo secolo d.C., Tergeste e la zona alle sue spalle è rilevante, è certamente naturale che, un secolo più tardi, quando Tergestum è una città di quasi 15.000 abitanti con strutture pubbliche e commerciali importanti, la rilevanza della città e del suo porto, oramai essenziale supporto al grande centro di Aquileia, seconda città dell’Impero Romano, debba essere coinvolta nella grande organizzazione che si sviluppa con le guerre daciche in presenza anche della recente via Gemina costruita dalla XIII Legio fino a Emona (Ljubljana).
Dalle considerazioni sopraddette si può affermare che il Banato (Timisoara è menzionata Tibiscum nell’ XII sec.) e Tergestum (Trieste) furono ambedue protagonisti nelle guerre daciche ed iniziarono in quel periodo ad avere un ruolo importante nella strategia dell’Impero romano che con la conquista della Dacia raggiunse la sua massima estensione.
L’IMPERO AUSTROUNGARICO
Le vicende di Timisoara e Trieste si intrecciano nuovamente con la Storia nel XVIII secolo quando arriva un grande protagonista sulla scena europea: il principe Eugenio di Savoia,
La monarchia asburgica uscita vincitrice dal confronto con la Francia ma soprattutto con l’Impero ottomano alla fine del XVII secolo, irrobustita dagli ampliamenti territoriali oltremare avuti in eredità, inizia una politica espansionistica e di consolidamento verso l’est Europa ed i Balcani.
Artefice di questa politica è sul campo il principe Eugenio di Savoia che, dopo clamorose vittorie militari contro i turchi, porta alla corona degli Asburgo le regioni del Banato, della Transilvania e della Bucovina tutte caratterizzate da una presenza multietnica, dove la popolazione romena era maggioritaria.
In particolare a Timisoara l’azione del Principe Eugenio fu particolarmente efficace. Le sue insistenze affinchè anche l’amministrazione civile, oltre quella militare, fosse alle dirette dipendenze di Vienna portò alla nomina del primo governatore asburgico del Banato, Claude Florimond conte Mercy d’Argenteau, artefice della rinascita di Timisoara, dopo un lungo periodo di decadenza sotto il dominio ottomano.
Il Principe Eugenio, anche direttamente, influisce sul futuro di Timisoara e del Banato. Sua è l’iniziativa della costruzione di una fabbrica di birra, successivamente sua è l’idea di promuovere l’emigrazione tedesca nelle aree più depresse del Banato, infine ancora sua è l’idea di rendere il canale Bega navigabile, sia per fini commerciali che militari.
Dall’altra parte Trieste è, all’inizio del 1700, una piccola comunità di 2/3.000 abitanti che si occupano di pesca ed agricoltura e della produzione del sale. Il nuovo ruolo europeo dell’Austria impone alla monarchia asburgica la necessità di avere una presenza sui mari sia per motivi commerciali che militari. Nel 1717, in conseguenza della fine del predominio di Venezia sull’Adriatico, Carlo VI, emana la Patente di Libera navigazione in Adriatico. Però l’Austria non ha ancora né porti, né navi. Il Principe Eugenio suggerisce la costruzione di un Porto a Trieste per fini militari. In realtà solo parte del suggerimento verrà adottata, e nel 1719 sempre Carlo VI emana la Patente dei Porti franchi di Trieste e Fiume, il primo per i traffici con le regioni austriache ed il secondo per quello con le regioni ungheresi. Il carattere commerciale del volere imperiale si manifesta anche con la costituzione di una Compagnia Orientale che però ebbe vita breve.
Pubblicazione dell’Ente Autonomo del Porto di Trieste tratta da “I porti principali del Friuli Venezia Giulia la marineria di Trieste e della Regione Giulia” di Fulvio Babudieri, pag. 119
Carlo VI, ben consigliato dal principe e generale Eugenio di Savoia, promulgò il 2 giugno 1717, con atto unilaterale, una speciale Patente di commercio, che servì di introduzione a tutte le successive disposizioni commerciali e che rappresenta quasi la Magna Charta commerciale di Trieste. Fu con questa patente che venne dichiarata libera la navigazione nell’Adriatico che la Repubblica Veneta , che si considerava signora di questo mare , aveva fino ad allora ostacolato ed impedito con mezzi talvolta anche violenti.
Storia economica e sociale di Trieste. – La città dei gruppi 1719-1918., Lint, Trieste, 2001, pag. 45
D’altra parte gli ungheresi stessi mostrano un intenso interesse per la via Adriatica se è vero che scrivendo al Senato nel maggio 1768 i Savi della Mercanzia chiamano il massimo organo della Repubblica a riflettere sul fatto che “una opulente Compagnia di Transilvania con grandissimi capitali attende, e si può dire, preside agli affari medesimi del Commerzio”.
Si tratta , parrebbe, della “compagnie di Temeswar”, della compagnia di Timisoara, su cui ferma la sua attenzione il console francese a Trieste in un “memoire” del 10 luglio 1770. Essa “aveva per oggetto l’esportazione delle derrate dall’Ungheria e dalla Transilvania”, era inizialmente dotata del cospicuo capitale di 500.000 fiorini; spese ingenti per la costruzione di magazzini e case nonché speculazioni “mal combinate e mal dirette” hanno fatto però ridurre i suoi fondi “a circa la metà”. In quel luglio 1770, dunque, la compagnia sembrava sul punto di sciogliersi. I suoi azionisti e dirigenti, racconta il console, “ si sono recati a Vienna e non si dubita che la loro riunione abbia in vista di lavorare alla liquidazione degli affari di tale Compagnia” vociferandosi che oramai la sua situazione debitoria fosse insostenibile……
- VV., Il Lloyd Triestino 1836 – 1986, Lloyd Triestino, Trieste, 1986, pag. 110
Dopo la sfortunata impresa della Compagnia Orientale di Trieste sorta nel 1719, che coinvolse anche l’Imperatore Carlo VI ed il Principe Eugenio di Savoia, altre compagnie ebbero alterne fortune da ricordare tra le altre la Compagnia di Temeswar-Trieste sorta nel 1764 sulle rovine di un’altra società commerciale che aveva tre direzioni, a Vienna, a Temeswar ed a Trieste specialmente specializzata nel trasporto dal Banato a Fiume e a Trieste, di grano, carne salata, lana, cera, vino, rame e tabacco. Ma anche questa società non ebbe fortuna e i tentativi industriali da essa fatti peggiorarono le sue condizioni. Nel 1770 le due direzioni di Trieste e Temeswar furono abolite. La società fu sciolta verso il 1782.
Più dirette e personali, anche se di natura completamente diversa l’una dall’altra, sono due episodi che si datano nella seconda metà del 1700.
Nel Banato dopo il primo Governatore, Conte Mercy, altri quattro mantengono anche il ruolo di governatori militari oltre che civili, poi gli altri 4, sempre nominati da Vienna, sono solamente Governatori dell’amministrazione civile. Gli ultimi due Governatori ad essere nominati da Vienna, poi sarà Budapest a nominarli, appartengono ad una nobile famiglia di origini napoletane, trasferitasi all’inizio del 1600 a Trieste che aveva già dato alla monarchia asburgica uomini d’armi ed alti prelati.
Iosif (Giuseppe) conte Brigido de Bresowitz, presidente dell’amministrazione del Banato 1774 – 1777.
Pompeius (Pompeo) conte Brigido de Bresowitz, presidente dell’amministrazione del Banato 1777 – 1778
L’iniziativa sicuramente più rilevante di Giuseppe de Brigido fu quella di avvalersi, nel suo periodo di Presidenza, della collaborazione di Francesco Griselini, già quotato scrittore e giornalista, che, tra l’altro, fece il primo “reportage” sul Banato che ebbe una eco internazionale.
GRISELINI, Francesco, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 59 (2003), di Paolo Preto
…..nell’agosto del 1774 lasciò Venezia, seguendo il conte Giuseppe Brigido in un lungo viaggio nel Banato di Temesvár (Timişoara), da Trieste sino ai confini dell’Impero ottomano.
Con curiosità onnivora da tipico uomo dei “lumi” il G. si appassionò ad antichità, risorse naturali, costumi, storia dei paesi che attraversò; alcune impressioni a caldo apparvero nel Giornale d’Italia, ora diretto da G. Arduino, mentre altre furono raccolte in un’opera preparata per il governo austriaco in vista di una assunzione nell’amministrazione asburgica: di lì a qualche anno, quando egli era già a Milano, uscirono le Lettere odeporiche (Motta, Milano 1780), con una parte dei ricordi e osservazioni sul Banato di Temesvár, e poi Aus dem Versuch einerpolitischen und natürlichen Geschichte des Temeswaren Banats in Briefen (Wien 1780, rist. 1880 e 1969).
Pompeo de Brigido, succeduto al fratello Giuseppe alla Presidenza del Banato, riceve, nel 1781, l’incarico di Governatore di Trieste che manterrà fino all’occupazione di Trieste da parte di Napoleone nel 1797.
Interessante e curioso è anche il fatto che nel 1634 la famiglia de Brigido acquistò la Signoria di Lupogliano (Lupoglav) che rimase di proprietà fino all’anno 1883. La signoria si estendeva fino ai pendii di Monte Maggiore e di Ciceria, e a sud fino a Boljunsko Polje (Piani di Bogliuno) che rappresenta anche la zona nella quale dal 1.400 si erano insediati i profughi romeni e morlacchi e che ancora oggi parlano l’Istroromeno uno dei quattro dialetti della lingua romena.
Come avevamo visto prima, l’Austria dal 1719 proclama quale suo scalo principale il Porto di Trieste che però non esiste ancora né nelle sue strutture, né nelle sue infrastrutture. La piccola Trieste incomincia a crescere, dal punto di vista commerciale e strutturale, specialmente sotto il lungo impero quarantennale di Maria Teresa. La città si espande, anche dal punto di vista della popolazione, grazie all’immigrazione di diverse comunità attirate dalle potenzialità commerciali e dalla tolleranza religiosa. Viene costruito un lazzaretto quale primo porto, si costruiscono magazzini, nascono nuovi insediamenti abitativi all’esterno delle mura medioevali, si costruiscono strade verso l’hinterland.
Anche a Timisoara abbiamo un notevole impulso di nuove costruzioni sotto il regno di Maria Teresa, palazzi, piazze, bastioni e nuovi quartieri sorgono in una Timisoara che attira anch’essa una emigrazione multietnica.
Interessanti relazioni tra Trieste e Timisoara sono state rinvenute negli Archivi di Stato della capitale del Banato con due documenti della seconda metà del XVIII secolo che rappresentano due sentenze di condanna ai lavori forzati per delitti commessi nel Banato.
Ordine Consiglio Aulico di Guerra di Vienna ed Ordine al Comando del Reggimento di Frontiera germano-banateano con oggetto la condanna del vagabondo Dumitru Markov, che ha rubato 4 vacche e 2 vitelli a Andrei Mattich, 5 anni di lavori forzati in catene ed a 30 frustate prima di essere inviato ai lavori forzati. La pena è stata commutata in 5 anni di lavori forzati in catene che sarà espiata a Trieste, gli atti ed il condannato saranno di seguito affidati al Comando Generale dell’Austria Interna.
Ordine Consiglio Aulico di Guerra di Vienna ed Ordine al Comando del Reggimento di Frontiera germano-banateano con oggetto la condanna del guardiano (schutzmann) Ioka Ragkovith della località Kovin, Serbia, che ha cercato di passare, assieme a suo figlio Maxim e con i suoi beni, nelle provincie turche (“ad turcicum”) ma è stato arrestato da una pattuglia. I 5 anni di lavori forzati in catene gli sono stati commutati in 2 anni di lavori forzati , che saranno scontati a Trieste.
Da osservare il fatto che i lavori forzati devono essere espiati a Trieste. Questi fatti minori ci confermano che Trieste, nella seconda parte del 1700, era un immenso cantiere che aveva assoluta necessità di mano d’opera, tanto che si provvedeva a rinvenirla anche ai confini dell’impero. E’ altrettanto probabile che, espiata la pena, i condannati, anche in forza di decreti di amnistia formulati sempre da Maria Teresa, finissero per rimanere a Trieste e soddisfare le necessità portuali di manipolazione delle merci.
Ad imperituro ricordo di quel periodo, ancora oggi il nome di Maria Teresa è presente nella toponomastica delle due città: il Borgo a Trieste e ed i Bastioni a Timisoara.
LE EMIGRAZIONI ED I PROFUGHI
Un periodo che nuovamente lega le due città è sicuramente quello che va dagli ultimi due decenni dell’1800 agli anni ’20, quando anche da Trieste partono le navi cariche di emigranti verso l’America. La agenzia di navigazione Adria che si occupava dei collegamenti con l’America aveva una sede a Novi Sad dedicata alla Serbia ed alla Romania. Le statistiche ufficiali parlano di 150.000 romeni emigrati in America, non considerando però gli abitanti del Banato, Transilvania, Bessarabia e Bucovina, registrati come cittadini dell’impero austroungarico. E’ naturale prevedere, anche in assenza di statistiche precise, che “la febbre dell’emigrazione” alimentata dalle difficili situazioni economiche abbia interessato in maniera massiccia anche gli abitanti del Banato. Per costoro il porto di Trieste era sicuramente più facilmente raggiungibile dei porti del Nord Europa dai quali parimenti partivano i bastimenti carichi di emigranti per l’America, anche in considerazione che Trieste e Timisoara, fino al 1918, facevano parte dello stesso Stato.
Un capitolo drammatico si apre per Trieste e per Timisoara nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale con la diversa collocazione internazionale delle due città che si trovano ad essere il vero confine tra est ed ovest, poiché la Jugoslavia che le separa, dopo un inizio sicuramente legato a Mosca, esce dal Cominform nel 1948 e prende una strada di neutralità con aspetti, a volte, contraddittori.
Le grandi migrazioni di popoli che si attuano per diversi motivi dopo la seconda guerra mondiale, trovano una barriera, chiamata Cortina di Ferro da Winston Churchill nel 1951 a Fulton (USA), che impedisce, tra l’altro, i passaggi di persone in Europa dai paesi dell’Est a quelli occidentali.
Drammatiche sono le testimonianze delle vicende umane di confine sia nel Banato che nella Venezia Giulia con molte persone che trovano la morte nel cercare di fuggire in occidente.
Tanti romeni però riescono a fuggire con audacia, abilità, connivenze, corruzioni passano prima il più difficile confine Jugoslavo-romeno e poi il meno difficile, ma non assolutamente facile confine jugoslavo-triestino. A Trieste, sotto occupazione alleata fino al 1954, trovano il centro del Romanian Welfare. Infatti il Consolato romeno, attivo dal 1872 e chiuso definitivamente dal nuovo regime comunista nel 1949, si era trasformato in una sede della organizzazione di aiuti romeni per i rifugiati con sede principale a New York e succursali in 12 paesi del mondo di cui quella di Trieste era l’unica in Italia. Qui i profughi romeni potevano trovare dei piccoli aiuti , anche di vestiario, e venivano alloggiati essenzialmente nel campo di San Sabba.
Precise indicazioni sulle identità e sulla condizione di una parte dei profughi sono riportate in materiali documentali (borderò, ricevute, rapporti, statistiche, etc.) casualmente ritrovati da me in una rigatteria triestina e nei faldoni dell’Archivio di Stato di Trieste. Oltre 1.200 romeni, risultano dai documenti, sono passati per Trieste. Ma questo è sicuramente un numero di molto inferiore alla realtà poiché le documentazioni sono parziali. Quello che è invece abbastanza probabile è il fatto che la maggioranza di questi romeni siano proprio abitanti del Banato, essendo costoro i più avvantaggiati nella fuga data la loro vicinanza al confine e le restrizioni e controlli ai movimenti di persone all’interno del Paese imposti dal regime comunista.
Qui termina questa ricerca sul piano storico lasciando sicuramente il campo aperto a nuove ricerche ed ad indicazioni ed arricchimenti di quelle già fatte
A conclusione sono ancora da citare alcuni personaggi della vita economica e culturale che hanno, in varia maniera, legato Trieste e Timisoara.
I PERSONAGGI
Nel 1892 nasce a Timisoara Ferenc (Francesco) Illy che, dopo aver frequentato il liceo nella sua città natale e dopo aver partecipato alla prima guerra Mondiale anche sul fronte dell’Isonzo, si stabilisce a Trieste e nel 1933 fonda la Illy caffè ed inventa la prima macchina per fare l’espresso a vapore. Oggi, con la terza generazione, la Illy caffè è una rinomata fabbrica di oro verde, presente nei mercati di tutto il mondo. Una buona biografia si può trovare in Orizzonti culturali italo-romeni, (nr. 9, settembre 2012, anno II) di Afrodita Cionchin & Oana Grimacovschi.
Negli anni ’30 Aurel Cosma jr., letterato e studioso di Timisoara, fa un viaggio in Italia con la moglie e negli archivi di stato di Timisoara ho ritrovato il suo diario fotografico delle giornate passate a Trieste. Nel 1939 scriverà alcuni articoli sulla presenza italiana nel Banato, ricordando naturalmente anche il Governatore “triestino” Pompeo de Brigido.
Aurel Cosma Jr: «Tracce di vita italiana nel Banato» da Orizzonti culturali italo-romeni n. 12, dicembre 2012, anno II.
Il barone Giuseppe di Brigido
Un nuovo periodo di prosperità e di partecipazione attiva degli Italiani al miglioramento delle cose nel Banato è cominciato solamente sotto il barone Giuseppe di Brigido, che fu chiamato a condurre la provincia dopo che l’Imperatore Giuseppe II si convinse in persona, nell’occasione del suo viaggio nel Banato, dell’utilità di alcune urgenti misure, per la fortificazione e il rifacimento del sud del suo impero.
Per noi, oltre lo zelo del barone di Brigido e dei suoi sforzi di elevare il Banato al rango di una provincia moderna e ben amministrata, ha ancora un’importanza molto grande il fatto ch’egli portò con se il veneziano Griselini, che, percorrendo nel corso degli anni tutta la superficie del Banato, e tutti i suoi villaggi, prese note e disegnò la prima carta geografica completa e particolareggiata di questa provincia. II lavoro di Griselini, scritto in lingua tedesca e italiana, con le sue numerosi incisioni e abbozzi illustrati, costituisce per noi un documento e una cronaca fedele di quei tempi, di cui altrimenti avremmo avuto poche informazioni.
In tempi più recenti, ancora prima della rivoluzione del 1989, vengono tradotte e pubblicate a Timisoara opere dello scrittore Fulvio Tomizza, istriano ma residente oramai a Trieste dal dopoguerra.
Infine Claudio Magris, una delle più importanti figure culturali triestine contemporanee, con il suo Danubio entra e descrive con critica capacità anche il Banato e la sua storia e stabilisce un rapporto personale e culturale con Timisoara.
Annuario dell’istituto romeno di cultura e ricerca umanistica di Venezia IX, 2007 Editura Academiei române, Bucureşti, 2008, Afrodita Carmen Cionchin, I legami di Claudio Magris con la cultura romena (un viaggio letterario fra Danubio e scritti mitteleuropei)
Per Magris, il Banato è “un mosaico di popoli, una sovrapposizione e stratificazione di genti, di poteri, di giurisdizioni; una terra nella quale si sono incontrati e scontrati l’impero ottomano, l’autorità asburgica, la caparbia volontà d’indipendenza – e poi di dominio – ungherese, la rinascita serba e quella romena”.
“Bella è non priva di malinconia, nonostante il suo verde, Timişoara racconta, in ogni pietra, una storia plurisecolare e aggrovigliata. […] Lo stile simmetrico teresiano si alterna a un greve eclettismo ungherese e al più squillante ornato dei colori romeni; nella splendida Piaţa Unirii, vasta e silenziosa, si erge, come in tutte le piazze della Mitteleuropa, la Colonna della Trinità. […] La città è una capitale, un capoluogo epico delle infinite storie raccontate dal vecchio Danubio.”
Magris ricorda l’illuminista Francesco Griselini, la cui menzione ci offre la possibilità di approfondire il quadro storico che lo vide protagonista. Nato a Venezia il 12 agosto 1717, il reputato scienziato trascorse due anni e mezzo (settembre 1774 – febbraio 1777) nel Banato, dove accompagnava il barone Giuseppe de Brigido, nominato, nel maggio del 1774, presidente dell’Amministrazione del Banato. Il 24 agosto 1774 Griselini si recò in questa regione, passando per Monfalcone, Trieste – dove lo raggiunse il barone de Brigido – Lubiana, Varazdin, Kanjiza, Pécs, Osijek, Petrovaradin, Novi Sad, Becej e Kikinda. La notte tra il 21 e il 22 settembre di quell’anno, i due viaggiatori entrarono nella fortezza di Timişoara.
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